Nell’articolo di oggi la recensione di un libro: Senna è scomparsa — Everworld volume 1.
[Aggiornamento: in un articolo successivo ho fatto la recensione dell’intera saga]
Partiamo con delle note informative: è un libro abbastanza piccolo (meno di 200 pagine) ma il primo di una serie di 12. La storia non si conclude; il libro serve per lo più a presentare i personaggi, il mondo dove si svolgeranno gli eventi della saga ed introduce le dinamiche della storia che (spero) si risolverà nei libri successivi.
Il genere è fantasy, uno di quelli non slegati dal nostro mondo. La storia inizia presentando i momenti di vita quotidiana dei protagonisti, adolescenti di sedici anni circa, che hanno come unica cosa in comune frequentare la stessa scuola ed avere rapporti più o meno stretti con una ragazza, dal carattere alquanto strano, di nome Senna.
Evitando di fare eccessivo spoiler si può dire che una mattina prima dell’alba, per una coincidenza troppo strana per essere del tutto casuale, si ritrovano tutti al molo. Qui avviene una cosa strana, un lupo di dimensioni enormi esce dall’acqua ed afferra tra le fauci Senna. Tutti gli altri si ritrovano a correre verso il molo per cercare di salvarla. Man mano che si avvicinano al molo il mondo reale cambia, si deforma, si distorce. I protagonisti perdono quindi i sensi e si risvegliano, senza Senna, incatenati alle mura di un castello, nel mondo di Everworld.
La storia è narrata in prima persona da David, il protagonista, innamorato di Senna, ragazzo nuovo e non ancora integrato nella scuola. Con lui ci sono Christopher, un ragazzo dall’umorismo un po’ esagerato che per questo, ed una passata storia con Senna, ha non pochi attriti con David; Jalil, quello più intellettuale del gruppo, si presenta al fianco di Christopher ma preferisce non schierarsi nelle diatribe tra lui e David; infine April, sorellastra di Senna, viene presentata come una ragazza leggera, ma si scopre poi pian piano il suo carattere decisamente più forte di quello che appare nelle prime pagine.
Verso metà libro si inizia a scoprire qualche dettaglio di questo strano mondo: in un’epoca passata gli dei della terra decidono di creare Everworld, un mondo parallelo, dove portare i loro seguaci. È quindi così che in questo mondo si possono trovare vichinghi, atzechi, antichi egizi, abitanti di Atlantide ed una strana razza aliena, gli Hetwan.
La vita dei protagonisti avanza duplice nel libro: il ramo principale prosegue in Everworl, ma parte di loro vive quotidianamente nel mondo “normale”. Unico punto di contatto tra queste due vite distinte avviene durante il sonno, quando da Everworld si risvegliano nel mondo natale. In questi momenti si mescolano i ricordi delle due vite. Ma a complicare il tutto, i tempi dei due universi paralleli non sono sincronizzati, così che non sanno quando si sveglieranno né nel mezzo di quale attività.
Dare un giudizio a questo libro è alquanto difficile: una volta finito l’idea che si ha è che la divisione in libri sia più per motivi di marketing che per necessità di dividere realmente una storia troppo lunga. Visto che tutti i libri sono di 200 pagine circa, un libro unico di oltre duemila pagine sarebbe stato eccessivo, ma quattro o cinque da cinquecento poteva essere una divisione più ragionevole.
Comunque al momento mi è piaciuto. Sicuramente lo stile di scrittura è piacevole e scorrevole. Inoltre ho un debole per i fantasy di questo genere, mi piace sognare che mondi alternativi a questo esistano e che siano in qualche modo raggiungibili. Inoltre il permeare il racconto di antiche leggende e dei di varie culture aiuta a rafforzare l’idea che questa realtà alternativa sia “esistente”.
Inoltre in più punti mi sono riuscito ad immedesimare bene col protagonista, un ragazzo sconsolato, che non si trova bene nel mondo in cui vive e che vede in Everworld un’opportunità da sfruttare più che un incubo da cui fuggire. Cito ad esempio il passaggio in cui si rende conto di questo:
[David è ai remi di una nave da guerra vichinga] In breve ebbi le mani tutte scorticate. La schiena spezzata. Le gambe in fiamme. Le braccia di piombo. Probabilmente non sarei più riuscito a distendere le dita.
[…]
Era una corsa sciocca, prosciugava ogni energia. E io stavo andando in battaglia, una battaglia che non era affar mio, circondato da uomini semplici e ignoranti che non facevano parte del mio universo, con una missione da compiere per volere di una dissennata divinità mitologica.
E mi resi conto che in quel momento ero felice come mai ero stato in tutta la mia vita.
E la discussione che ha nel cercare di spiegarlo ai suoi compagni d’avventura
Jalil — Comunque amico, quella è la mia vita. È là. Nel mio universo. È quella la mia vita.
David — Già. Bella vita. Dove lavori? In un fast food? Al Burger King? […] Voglio dire, la scuola superiore dura quattro anni e sembra un’eternità. E poi dovrai lavorare per altri trenta, quarant’anni. Quarant’anni della tua vita. Salire in macchina, guidare nel traffico, lavorare, tornare a casa e portare i bambini a comprarsi le scarpe nuove…
April — E tu non vuoi niente di tutto questo?
David — Forse… un giorno. Non so nemmeno se andrò al college. Ma mia madre vorrebbe un bel titolo per me, che so, un Master in amministrazione aziendale, e io mi adeguo, come al solito. E perché? Perché mi importa qualcosa di economia aziendale? Noo, è perché tutti si preoccupano del mio futuro. Devi prendere dei bei voti a scuola, così potrai entrare in un buon college, così potrai entrare in una buona facoltà di economia, così potrai entrare in una grossa azienda, dove potrai fare il passacarte e picchiare i tasti di una tastiera, e il gioco è fatto, questa sarà la tua vita finché non diventerai vecchio e ti chiederai che diavolo sei riuscito a combinare. Non è vita, questa. Non per un uomo.
Di sicuro, come fa notare April proseguendo nel discorso, David non pensa ad altri valori, quali amici e famiglia. Ma effettivamente, ormai troppo spesso, mi accorgo che più che vivere stiamo iniziando a sopravvivere, dimenticando quello che rende la vita degna di essere vissuta.