Alla ricerca di altri mondi

Oggi, tra i feed rss che seguo, mi passa un articolo dal titolo “Eravamo piccoli, ma siamo cresciuti“. Un bell’articolo, dà speranza, quella che mi manca da un po’ troppo tempo. Però, purtroppo, leggendolo mi vengono in mente alcuni punti deboli.

Estrapolando quelli che considero i passi principali (ma consiglio vivamente di leggere la versione estesa)

Eravamo piccoli (chi più, chi meno) negli anni ’80. Il nostro unico lavoro era quello di coltivare le nostre passioni e alimentare i nostri sogni. Abbiamo costruito città con i Lego, esplorato galassie con Space Invaders, sconfitto i cattivi al fianco di Batman e viaggiato nel tempo con Doc e Marty.
[…]
Ora abbiamo 30 anni (chi più, chi meno) e abbiamo la capacità e la responsabilità di prendere delle decisioni per noi stessi e per gli altri.
[…]
Il problema della nostra generazione è che sottovaluta la propria capacità di cambiare le cose. Noi siamo gli autori dei libri fantasy, noi siamo i produttori che decidono di trarne una saga cinematografica, noi siamo gli attori che ne interpretano i personaggi, noi siamo i critici che li recensiscono sui blog, noi siamo gli spettatori che riempiono le sale. Ora che siamo riusciti a dimostrare al resto del mondo che era la società ad essere inadeguata a noi (e non il contrario), vorremmo rimangiarci tutto e tornare a isolarci nel nostro angolino sicuro ma senza finestre sul futuro; per poter poi continuare a lamentarci di quanta merda ci sia nel mondo.

Vero, ci sottovalutiamo, o per lo meno io mi rendo conto di sottovalutarmi. Saremo pure la generazione che ha creato molti libri fantasy, anche se magari sarebbe più corretto dire che abbiamo riportato alla gloria vecchi autori, ma cosa sono questi? Evasione! Mi piace il genere, lo leggo e lo guardo nei film, mi piace sognare Hogwards, Everworld, Ascalon piuttosto che una San Francisco permeata di magia; ma la logica è sempre la stessa: questo mondo non mi piace, cerchiamone un altro! Ed il problema coi fantasy è che questi mondi non si possono costruire, esistono e basta; ci si può solo capitare per predestinazione, nascita, o caso. È un genere bellissimo, ma non sprona alla modifica, porta alla rassegnazione.

Quello di cui invece avremmo bisogno è un mondo di fantascienza, alla Asimov. Dove possiamo sognare mondi futuri altamente tecnologici, mondi che potrebbero essere realizzati.

Se da bambino leggo un libro che parla di maghi, crescendo mi renderò conto che era solo un sogno e ci rimarrò male. Ma se leggo un libro che parla di robot, viaggi nello spazio o nel tempo o comunque futuri altamente tecnologici, quello che potrò fare è studiare: ingegneria, informatica, astrofisica o scienze sociali per l’interazione uomo-macchina… e se siamo in tanti allora si che potremo vedere quel futuro sognato avvicinarsi.

Comunque con quell’articolo sono d’accordo, siamo noi che riempiamo le sale cinematografiche, che con i nostri gusti dirigiamo le serie televisive o decretiamo i libri di successo. Ma quello che ora vedo creare come pubblico intrattenimento lavora su due fronti opposti: da un lato quello fantasy che ho appena spiegato; dall’altro il fantascientifico distopico, dove se si vede un futuro è grigio o post-apocalittico. Entrambi sono espressione di gusti di persone che non hanno più speranza in questo mondo né forza di combattere per uno nuovo.

Ed è proprio così che mi sento: che speranze ho in questo mondo? In questo angolo d’Italia? Cosa ho studiato a fare tutti questi anni per scoprire che avrò problemi a trovare lavoro e molto probabilmente sarò costretto ad emigrare? Che senso ha avuto investire tutto questo tempo, se poi si hanno costantemente esempi di persone che “fanno soldi” avendo una cultura da terza elementare, esprimendosi con un dizionario così ridotto da poter essere sbeffeggiati da molti primati e comprando le lauree a Tirana?

Forse il successo del fantasy è proprio questo, ci accorgiamo di non avere le forze per cambiare il mondo e preferiamo rintanarci in mondi impossibili, sognare cose che non si possono avverare per trovare la forza di sopravvivere alla quotidianità che ci attanaglia. Ma quando non avremo più nemmeno questa voglia di sognare? Quando decideremo che non saremo più in grado di sopportare il peso dell’ennesimo sogno infranto? Che ne sarà di noi? Ci ridurremo ad un vuoto involucro senza volontà e magari non ci accorgeremo nemmeno che nonostante il nostro cuore potrà continuare a battere, saremo in realtà già morti.

 

L’articolo doveva considerarsi concluso a questo punto, ma nonostante tutto non ce la faccio. Il non essere capace di troncare con un pensiero così negativo mi dà coraggio: forse in me c’è più speranza di quanto non riesca a vederne ora. Quindi, mi trovo costretto a trovare un’altra conclusione…

Mio padre ha vissuto lo sbarco sulla Luna, era ragazzo, mi racconta di essere rimasto sveglio apposta per vederlo in diretta. È stata l’ultima generazione a sognare la corsa allo spazio, in quel periodo credevano veramente che l’umanità avrebbe potuto iniziare a colonizzare se non Marte almeno la Luna nel giro di qualche decennio. E di fatti gli anni successivi hanno portato la grande fantascienza: Star Wars, Incontri ravvicinati del terzo tipo, Star Trek e tanti altri. Molta gente magari ha studiato apposta nella speranza di essere in prima fila in questa corsa al futuro.
E nonostante tutti gli anni passati la passione del cielo gli è rimasta, ricordo da piccolo quando mi mostrava le stelle dicendomi i loro nomi; mi teneva in braccio, quasi a volermi avvicinare a quel cielo così interessante.
Volevo fare l’astronauta, era il mio sogno, era il sogno di molti bambini. E nonostante ora sappia che quel sogno sia diventato irrealizzabile, continuo a pensare all’aereo che può fare provare l’ebrezza dell’assenza di peso ed a chiedermi se riuscirò mai a salirci. Forse è solo questo il problema, i sogni ci sono ancora, bisogna solo trovare la forza di risvegliarli, la volontà di crederci ed il coraggio di sopportare il rischio di vederli infrangere.

Chissà se ci sono ancora bambini che sognano di fare gli astronauti,
chissà se saremo in grado di regalare sogni migliori alle generazioni future,
chissà se riusciremo a non disilluderli come qualcuno ha fatto con noi,
chissà se loro riusciranno ad avverarli quei sogni migliori,
chissà…

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