Chi mi ha rubato il futuro?

Questo articolo è bene iniziarlo con un disclaimer: parlerò di attualità, di studio, di educazione e di lavoro. Sarà una visione tremendamente pessimistica del mondo perché sono in una fase di profonda disillusione. Quindi, se non pensi di essere in grado di affrontare l’argomento o se ti sei appena iscritto ad un corso di studi e ne sei entusiasta, fatti un favore e vai a cercare qualche sito più divertente. Ma se vuoi leggere una analisi fortemente critica o se ci tieni a scoprire i miei deliranti pensieri: pillola rossa, continua a leggere e buttati a capofitto nella tana del bianconiglio.

Premetto, per chi non mi conoscesse, sono uno studente di dottorato in informatica. Ho una buona carriera di studio alle spalle, non una delle migliori sicuramente, ma ho finito il liceo con un buon cento, mi sono laureato alla triennale nei tempi corretti e con lode e con un anno di fuori corso alla specialistica, ma sempre con lode. Arrivato alla fine quello che ti viene da pensare è “dai, sta andando tutto bene, pare che studiare sia un lavoro in cui riesco perché non provare con un dottorato di ricerca”. E così mi sono lanciato.

Ora sono al terzo anno, l’ultimo (per chi non lo sapesse in Italia il dottorato è di tre anni con possibilità di allungarlo al massimo di uno extra) e, per quanto poco, mi metto a pensare al futuro. E cosa vedo? Niente. Una immensa macchia nera che minaccia di avvolgermi. Forse è anche per questo che non mi piace fare troppi programmi, ho paura, ho semplicemente paura di non farcela, di avere speso male questi anni.

Che offerte lavorative mi si parano davanti? Dire che in Italia il dottorato sia sottovalutato è sicuramente un eufemismo: esci sul mercato del lavoro con tre anni di ritardo e senza esperienza lavorativa diretta. Così specializzato da rischiare di non essere più capace di fare cose banali o quantomeno così specializzato da non volere fare cose banali.

Ieri mi chiama una persona di quelle agenzie di collocamento al contrario, dove sostanzialmente le aziende dicono che figure professionali vogliono e loro cercano personale qualificato. “Buongiorno, abbiamo trovato il suo profilo su linkedin, vorremmo proporle un lavoro per il quale ci pare adeguato, è interessato?”. Beh, di sicuro non mi serve ora un lavoro, ma se in zona c’è qualche azienda con un reparto ricerca e sviluppo un po’ avviato è un peccato non saperlo. Ovviamente no, il mio profilo era buono non per le pubblicazioni o per il titolo di studio, ma per le competenze in .net e php. Due linguaggi di programmazione che chiesti assieme sicuramente verranno usati solo per fare siti. “Ma è un ruolo importante, verrà affiancato ad un socio fondatore”. Ok, quindi deduco che sia una azienda piccola ed appena avviata in un mercato pieno di concorrenza, soprattutto non qualificata ed a basso costo. No grazie, non ho buttato tutti questi anni di studio per fare questo.

E poi capita di parlare, uscire con frasi amare tipo: “Qua ormai non si fa più ricerca” e sentire rispondersi: “Si, ma è giusto. Devi capire, non siamo buoni a fare ricerca, riescono meglio in altri posti, tipo India. Per noi è molto meglio lasciare fare a loro e poi comprare i risultati”.
Bella genialata, mi fa venire in mente una citazione di George Carlin che tradotta in italiano suona più meno “Pensa a quanto sia stupida una persona media, e quindi renditi conto che la metà delle persone è più stupida di così” (i matematici o le persone tremendamente pignole come me concederanno la licenza poetica con cui vengono confuse media e mediana).
Ma non so, l’idea ad esempio che un giorno potrebbero decidere di non venderti più la tecnologia ma solo il prodotto finito? E che la tua nazione avendo investito così poco nella formazione non abbia nemmeno persone abbastanza qualificate da fare ingegneria inversa e vilmente copiarlo? Ah, quanto sarà bello a quel punto finire in un terzo mondo tecnologico. Che poi, finire, è una strada che abbiamo già imboccato: chiamiamo banda larga velocità di collegamento che in America fanno ridere; abbiamo una copertura cellulare foltissima, fintanto che non si parla di copertura Internet; una alfabetizzazione informatica a dir poco scandalosa e consideriamo una grande innovazione il digitale terrestre.

E quindi guardi in giro a pensare dove potresti finire a lavorare. Le università italiane nemmeno a parlarne, stanno agonizzando così tanto per carenza di fondi che a pensare male si potrebbe credere ci sia volontà di chiuderle. Lavoro in università è quindi impossibile. Aziende private che fanno ricerca, salvo qualche caso più unico che raro (che fortunatamente mi sostiene, grazie 7pixel) meglio non sperarci nemmeno. Estero? Ma fin dove? Non sono mai stato portato per le lingue, già studiare italiano mi era pesante a scuola, ho appena sviluppato un inglese abbastanza passabile per capire e farmi capire, di sicuro non voglio provare a imparare una terza lingua. Ed i posti anglofoni, per quanto tanti, salvo un’unica eccezione non sono proprio così vicini. Sono veramente disposto ad andare così lontano?

Poi ne parli, ed in buona fede persone più adulte esordiscono: “Ma non preoccuparti di tutto questo, alla fine non tutti finiscono a fare il lavoro per cui hanno studiato, è normale. Io ho studiato per fare l’elettricista e sono finito a fare l’infermiere”. Ok, bei discorsi. Peccato che ormai siano fuori dal tempo. Ai tuoi tempi fare l’infermiere voleva dire iniziare a lavorare finite le superiori, vent’anni, avere un posto fisso, possibilità di chiedere un prestito per sistemare o comprare casa. Un muto che anche fosse stato trentennale l’avresti pagato entro i 50 anni, abbastanza per accumulare qualche risparmio ancora prima della pensione. Ma se io volessi provarci? Dovrei seguire almeno tre mesi di corso a pagamento per avere una qualifica (asa o oss, perché per fare gli infermieri serve comunque una laurea), fare un buon anno di tirocinio in cui se va bene mi saltano fuori le spese di manutenzione della macchina e poi sentirmi dire nella peggiore delle ipotesi un “grazie, avanti un altro”, oppure, nella migliore un “ok, sei stato bravo, ci piace come lavori, ma al momento possiamo proporti solo questo contratto di tre mesi, ma tranquillo che è rinnovabile”. A trent’anni, senza un posto fisso, ammesso che qualcuno mi dia un mutuo trentennale cosa ci faccio con questo mercato immobiliare bloccato a prezzi artificiosamente alti?

E quindi arrivano i brutti pensieri: cosa ci faccio ancora qua? che sogno sto rincorrendo in tutto questo? vale veramente la pena? per quanto più vile, non sarebbe forse più semplice mollare tutto e cercare un lavoro triste ma sicuro?
Alla fine a cambiare i rubinetti sono capace, fossi andato a fare l’idraulico al posto che in università ora probabilmente guiderei una BMW. Perché studiare tanto se non riesco comunque a garantirmi un lavoro meglio retribuito?
Ed in tutti questi pensieri mi domando che fine abbia fatto il bambino che ero, quello che voleva fare l’astronauta? chi è che lo ha ucciso rubandomi il futuro? e con cattiveria mi ha mostrato uno stile di vita che non potrò permettermi?

Questo post non ha conclusioni. Non può averne, perché se le avesse il mio conflitto sarebbe risolto. Purtroppo non sopporto le cose che rimangono pendenti. Quindi come conclusioni voglio mettere qualche nuovo spunto di riflessione:

Abbiamo smesso di sognare: qui, Neil deGrasse Tyson (astrofisico americano) commenta con amarezza come la chiusura del programma spaziale abbia creato una generazione che non sa più sognare, che non riesce ad aspirare alle stelle. Bloccando di conseguenza il fremito di menti che ha reso possibile non solo lo sbarco sulla Luna, ma tutta la tecnologia che quotidianamente usiamo senza sapere sotto che spinta sia nata.

Nobody is dreaming about tomorrow anymore

Nessuno sta più sognando il domani

Il problema della candela: stupendamente spiegato in questo video pubblicato sul blog di uno dei migliori professori che abbia avuto. Dove Dan Pink spiega come il modello “fai bene, fai in fretta, vieni pagato meglio” sia completamente sbagliato, in quanto funzionante solo per risolvere problemi semplici che non coinvolgano pensiero laterale o creatività, ovvero, quelle che sono le molle dello sviluppo.

if we bring our motivation, notions of motivation into the 21st century, if we get past this lazy, dangerous, ideology of carrots and sticks, we can strengthen our businesses, we can solve a lot of those candle problems, and maybe, maybe, maybe we can change the world.

se portiamo la nostra motivazione, il concetto di motivazione nel 21° secolo, se ci liberiamo di questa ideologia pigra e pericolosa della carota e del bastone, possiamo rafforzare le nostre imprese, possiamo risolvere una quantità di problemi della candela, e forse, forse, forse possiamo cambiare il mondo.

Infine due video di Ken Robinson, dove nel primo spiega come la scuola uccida la creatività.

And our task is to educate their whole being, so they can face this future. By the way, we may not see this future, but they will. And our job is to help them make something of it.

Il nostro compito è di educarli nella loro interezza affinché possano affrontare il loro futuro. Forse noi non vedremo questo futuro, ma loro sì. E il nostro compito è di aiutarli a farne qualcosa.

mentre nel secondo spiega come il sistema educativo andrebbe cambiato

We have built our education systems on the model of fast food. This is something Jamie Oliver talked about the other day. You know there are two models of quality assurance in catering. One is fast food, where everything is standardized. The other are things like Zagat and Michelin restaurants, where everything is not standardized, they’re customized to local circumstances. And we have sold ourselves into a fast food model of education, and it’s impoverishing our spirit and our energies as much as fast food is depleting our physical bodies.

Abbiamo realizzato sistemi educativi sul modello del fast food. Jamie Oliver ha parlato su queste cose qualche giorno fa. Ci sono due modelli di valutazione della qualità nella ristorazione. Uno è il fast food, dove tutto è standardizzato. E l’altro sono cose tipo Zagat o la Guida Michelin dei ristoranti, dove niente è standardizzato, ma personalizzato a seconda delle caratteristiche locali. E noi ci siamo svenduti ad un modello educativo fast food. E sta impoverendo il nostro spirito e le nostre energie così come il fast food sta deteriorando i nostri corpi.

Che dire, riflettiamo, elaboriamo, sogniamo e creiamo… saremo troppo pochi per una rivoluzione, sogneremo una utopia e quindi vivremo male in questa realtà. Ammesso che vedremo l’inizio di un cambiamento potremmo non farcela a vedere i risultati. Ma almeno finiremo sapendo di avere combattuto per qualcosa di migliore.

Punta sempre alla luna, male che vada avrai viaggiato tra le stelle.

4 pensieri su “Chi mi ha rubato il futuro?

  1. A mio modesto avviso la causa del tuo stato d’animo non è da cercare nei problemi dell’Italia che, non lo nego, sono molti e ben visibili a tutti quelli con un minimo di sale in zucca. Questa è la tua scusa. Il filo conduttore delle tue idee è chiaro e sono le scadenze della tua vita.
    “Ho sbagliato a fare il dottorato perché ho perso i tre anni fondamentali della mia vita”, “Non riuscirò mai a mettere in pratica quello che ho appreso dal mondo della ricerca”, “Se avessi fatto l’idraulico ora forse avrei già una BMW”, “Faticherò come un cane ad avere un posto fisso, un mutuo e comunque non riuscirò a comprarmi una casa degna”, ecc. sono tutte frasi che lasciano affiorare un senso di paura e impotenza difronte a delle scadenze che ti sembrano sempre più imminenti e inamovibili.
    Devi cambiare completamente rotta di pensiero e convincerti che, oggettivamente, non c’è nessuna scadenza e, anche se dovesse esserci, puoi in ogni momento mandarla al diavolo: non ti ucciderà! Cavolo, hai meno di trent’anni, hai un enorme bagaglio di conoscenze in spalla e sei solo all’inizio del periodo di maturità che ti permetterà di farle fruttare.
    Fregatene di quello che dicono gli altri, non devi passare le tue giornate col pensiero continuo che dovrai ottenere un posto fisso, aprire un mutuo, comprare casa, sposarti, avere figli… queste cose devono nascere naturalmente e non devono essere forzate, altrimenti diventeranno delle prigioni da cui non uscirai mai, nemmeno dopo averle ottenute.
    Ti do un piccolo consiglio: liberarti al più presto delle cose in cui non vedi più un futuro e buttati a capofitto su qualcosa di nuovo, che ti appassiona veramente. Di idee ne hai tante, io lo so, devi solo scegliere quella che ami di più. Non deve essere per forza qualcosa strettamente legata al tuo dottorato, almeno all’inizio. Non deve essere qualcosa che riesca a sostenerti economicamente, per quello c’è il lavoro “con le cose banali”. Poi sappiamo che tutto quanto muta e, prima o poi, farai tesoro di ogni tua esperienza.
    Spero di avere acceso una scintilla.
    In bocca al lupo.

    • Grazie per il commento.
      Si, lo so: i problemi sono principalmente dentro di me, il resto sono solo aggravanti.
      L’unica cosa su cui mi sento di dissentire è l’affermazione “non c’è nessuna scadenza”: le scadenze ci sono, fosse anche solo la Scadenza Ultima. Alla fine, come dice Alberto Patrucco in Tempi bastardi, “La vita è una falsa amica. Infatti, al momento del maggior bisogno, ci abbandona”.
      Vero che a trent’anni non si è ancora al giro boa (la speranza di vita qui è attorno ai 79 anni) ma è anche vero che il tempo per progetti a lungo termine diminuisce sempre più.
      Poi la realtà è che la scintilla non è mai morta, si è nascosta, affievolita, dimenticata, ma ringraziando il cielo è ancora viva anche se solo in qualche angolo recondito dell’animo.
      Ciao e ancora grazie 🙂

  2. E’ dalla prima volta che ho letto queste tue riflessioni che volevo parlarti……ho detto apposta parlarti e non risponderti, poiché mi sono accorto che in questa società dell’informazione, non si parla più ma si risponde soltanto e si finisce poi con l’alzare la voce per sovverchiare quello che non è più un interlocutore, ma diventa un avversario. Parola aggiunge parola, parola sbagliata aggiunge parola sbagliata, e si finisce per non sapere più chi ha cominciato……(almeno…questo e quello che capita a me). Voglio quindi solo parlare con te……(spero la cosa non ti dispiaccia) ….E’ vero, l’avrai già capito, sono della generazione di quelli che hanno visto lo sbarco sulla luna, che hanno fatto il ’68….Ti chiederai: che cosa abbiamo in comune…Io capisco poco di Link. Applicazioni, per me le finestre fino a pochi anni fa erano quelle cose che aprivo tutto le mattine per fare entrare un po’ di luce…..Ma una cosa ti posso garantire che mi è rimasta: la capacità di sognare, pensa alla mia età…. ma chi sene frega di come vanno le cose….eppure mi piace leggere libri di attualità politica, informarmi su internet, sperando sempre in un mondo migliore…..mi è sempre piaciuto girovagare, e allora guardo sul mappamondo dov’è Singapore (ti chiederai: perché non sul computer? vuoi mettere, io sul mappamondo vedo la sfericità della terra, entro meglio in possesso delle distanze, (vai a spiegare la geometria euclidea ha uno che ha sempre vissuto solo in piano) E, vero,lo ammetto, poi vado anche in internet per avere ancora di più informazione. e quindi, stavo dicendo mi piace sognare, sopratutto perché solo sognando può venire (nonostante tutti i problemi che si possono avere) ancora quella forza e quella volontà di realizzarli.Vorrei finire con una battuta spiritosa…. Guarda anche questo lato positivo: non hanno ancora trovato il modo di tassarli,. e fin quando sono gratis……….
    Spero di non averti annoiato….
    (P.S. cos’è quella formula che devo compilare all’inizio del commento…9+9 = 18 ?????? esiste forse un’altra soluzione?????)

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