Qualche giorno fa parlavo con un amico di famiglia, una brava persona, ma è uscito con un discorso che ho trovato abbastanza infelice, il senso era più o meno “Cosa te ne fai di tutti quei libri? ok, una libreria è bella, ne avevo una anche io piena di libri d’arte ed opuscoli di mostre e musei. Ma poi quando ti capita di andare a rileggerli? Quando ti capita di tirarli fuori durante un discorso per mostrarli ad un amico? E se proprio dovesse capitare ormai accendi il computer e cerchi quello che ti serve, quindi alla fine li ho buttati tutti”.
Il discorso mi ha fatto riflettere. È vero che non capita mai, non ricordo l’ultima volta in cui ho preso un libro per mostrarlo ad un amico, ma questo non vuol dire che il problema sia il libro! Ci definiamo ormai la società dell’informazione o della comunicazione, ma cosa comunichiamo?
Abbiamo mille modi diversi per comunicare informazioni e siamo bombardati da tutte le fonti; troviamo il computer un oggetto inutile se viene a mancare il collegamento ad internet, non usciamo più di casa senza un cellulare in tasca, siamo bombardati da promozioni telefoniche che permettono di “parlare gratis con tutti gli amici”, la TV ci segue in negozi e pub e per essere sicuri montiamo le radio nelle automobili.
Ma cosa ci diciamo? Di cosa parliamo? Quanto gli altri ci ascoltano o sono interessati nell’ascoltarci? Perché non c’è più spazio per prendere un buon libro e mostrarlo ad un amico?
Alla fine, come possiamo comunicare a 160 caratteri alla volta? Come si fa a comunicare solo parlando per telefono? Come si può parlare di qualcosa di serio senza potere vedere l’espressione dell’interlocutore, capire se lo si sta annoiando o interessando, interagire in maniera più completa che con solo un senso su cinque?
Con questo non voglio demonizzare il telefono, che è certamente uno strumento potente e comodo; né voglio demonizzare i “discorsi da bar” che spesso servono a distrarsi, scollegare un po’ il cervello e non pensare ai vari problemi che ci affliggono. Ma la mia riflessione cerca di trovare una risposta a che fine abbiano fatto i discorsi seri. Perché non c’è più spazio per parlare di arte, filosofia e scienza tra amici? Perché non troviamo tempo e luoghi adatti a questi discorsi? Un bar affollato e chiassoso può andare bene per farsi una bevuta e parlare del più e del meno, ma di sicuro non a cercare una risposta fondamentale alla vita, l’universo e tutto quanto.
Oggi invece sono riuscito ad andare da un amico, un grande amico con cui purtroppo da troppo tempo non riuscivo a parlare con l’adeguata calma. Ovviamente non si è discorso tutto il tempo di massimi sistemi, si è chiacchierato, perso tempo, perfino giocato e solo in minima parte parlato seriamente. Il punto è che ho preso la macchina e guidato per due ore (una andata ed una ritorno) per fare questo, c’è voluto impegno quindi ma la soddisfazione è stata piena. Decisamente meglio di qualunque commento su facebook, email o sms.
Mi si è quindi creato un nuovo proposito: riuscire a creare sempre più momenti come questo, dove potere trovare un amico senza uno scopo preciso, solo per il gusto di stare nuovamente insieme e parlare. Di cosa, quanto a lungo e quanto seriamente lo si potrà scoprire poi guardandosi negli occhi. E magari, divagando via via su discorsi sempre più seri, riusciremo a trovare perfino la domanda alla risposta fondamentale.